IN
RICORDO DI OTTORINO RONDONI
di
Sara Brena
tradotto
da Costanza e Marta Vicari
INVERNO, MARZO 1945
-tarda mattinata-
“Arrivano, arrivano i
Tedeschi!!”
Un gruppo di sette ragazzi
partigiani, giovani ma consapevoli di quello che stava per accadere, corrono
verso le armi, le impugnano e si mettono in posizione. Non devono avere paura
se vogliono sopravvivere, salvare la patria e le proprie idee.
Le barche dei tedeschi
approdano sulle rive del lago d’Orta, famoso per la sua bellezza e la sua
tranquillità, ma non in quegli anni, non in quel momento.
Due minuti di attesa che
sembrano un’eternità poi scoppia l'inferno: soldati nazifascisti sparano, non
sanno nemmeno loro verso cosa ma l’importante è uccidere. I partigiani sono
coperti con poco anche se il freddo è evidente, gli entra nelle ossa, li fa
rabbrividire, ma forse dà anche quella carica necessaria per puntare il fucile
contro un uomo e sparare.
Pochi minuti e tutto è finito.
I partigiani si guardano attorno, sono tutti lì, tutti e sette feriti, ma vivi.
I tedeschi, invece, si
ritirano, ancora più inferociti alla vista di quello che gli era successo.
Sulla strada due ragazzi poco più che ventenni sono sdraiati dentro una pozza
di sangue rosso scuro che si estende per qualche metro, massacrati di
pallottole, le mani chiuse a pugno, con ancora qualche convulsione e gli occhi
spalancati sulle pupille grandi; sembra che implorino aiuto e forse vedono la
vita che in quel momento se ne va, corre, spazzata via dal vento gelido come
qualcosa che mai più ritorna.
-Sera dello stesso giorno-
La cella si è aperta con un
tonfo di chiavi, Ottorino Rondoni è in un angolo, affamato, sporco, ansimante,
magrissimo e prega. Sì, prega Dio, se esiste, lo prega che tutto questo finisca
presto, che possa tornare dalla sua amata, prega che non l’abbiano già presa i
fascisti, che non abbiano fatto su di lei cose che nemmeno si possono
descrivere o peggio ancora provare.
Un gruppo di Tedeschi con gli
occhi accesi di rabbia, lo prende -Dove stiamo andando? In un posto più bello?
Mi stanno liberando? Dio esiste allora! -
Ottorino abbandona il carcere
di Baveno, speranzoso, incosciente. Non sa quanto tempo è durato il
viaggio ma una mezz’ora sicuro e poi è salito su una barca.
E’ un lago bellissimo, non l’ha
mai visto prima e mai lo avrebbe potuto scordare.
In mezzo c’è un’ isola, con una
chiesetta, quanto avrebbe voluto entrare per dire una preghiera per i suo
genitori. Lo circondano colline piene di verdi prati e qua e là qualche bosco
di pini, attorniate a loro volta da alte e massicce montagne innevate. Il sole
sta tramontando, si sta nascondendo dietro una vecchia torre, in cima sulla
collina più alta, eretta in posizione strategica. - Chissà che bella vista da
lassù; ci porterò Carla, oh mia amata Carla, tra poco ti rivedrò. - Ad un
certo punto la barca si ferma, approda ed ecco un bellissimo prato: gli ricorda
la sua infanzia, la palla con cui giocava con papà prima che lo portassero via
da casa per sempre.
Ottorino ha ventiquattro
anni, ha dei sogni, delle speranze, dei progetti con Carla. E’ un
partigiano, ha dei suoi ideali da proteggere che lo hanno portato alla
guerra, anche ad uccidere. Non riesce a pensare negativo: spera, crede, è
sicuro che tutti gli uomini siano buoni e che ora lo lasceranno andare, si
faranno perdonare.
Si risveglia dai suoi pensieri
con uno strattone e viene buttato su una strada di peso, quei 40 kg non sono
niente per un tedesco muscoloso e forte. Non capisce: vede del sangue per
terra, è fresco.
Da lì in poi gli cade il mondo
addosso, le speranze sono tutte un sogno. - Non mi vogliono liberare mi
vogliono uccidere. - Un tedesco, con i riccioli biondi che gli spuntano dal
cappello gli punta il fucile addosso, urla un nome e i suoi compagni gli
rispondono qualcosa che non capisce. E poi più niente, anzi un colpo, veloce,
aguzzo gli trapassa il corpo affilato come una lama di coltello. - Carla! -
riesce a dire e poi tutto buio. A ventiquattro anni la Morte l’ha preso con sé.
Come quando una candela, in una
stanza scura, si spegne, porta via con sé la luce, i ricordi, le speranze,
l’infanzia, la giovinezza e lascia un lungo fumo grigio.
VENERDI' 17 FEBBRARIO 2012
Mio nonno mi ha raccontato
molto di lui e della sua esperienza da partigiano.
Quando a scuola mi hanno detto
del progetto "Connessioni", non ho avuto dubbi, sono corsa da lui e
mi sono fatta raccontare tante di quelle belle storie che dentro di loro
portano ricordi, amarezza, perplessità e tristezza. Una di queste è la storia
su Ottorino Rondoni, un giovane ragazzo partigiano sacrificato e ucciso per
rabbia e rancore dai nazifascisti. Gli hanno dedicato un monumento a Gozzano,
nel luogo dove è stato fucilato, sul confine tra Gozzano e Orta, sulla curva
appena dopo il ristorante “La Poncetta”.
Quando sono andata a vederlo
per la prima volta non potevo credere ai miei occhi: era una piccola stele, una
colonna di un metro e mezzo circa attorniata da un cespuglio circolare. E' in
mezzo a una curva e nessuno la vede. Una tragedia così grande, una vita
spezzata, un ragazzo ventiquattrenne, come noi, vissuto però in un periodo
sbagliato. E’ stato fucilato perché aveva ideali, speranze, valori.
Ecco chi era Ottorino Rondoni:
un eroe. Per aver sopportato quello che gli è successo, non può ricordarlo
solamente una semplice colonnina di roccia ma spero, così, che con questo
racconto abbastanza forte e crudo, tutti, da ora in poi sappiano chi è stato e
ricordino per sempre Ottorino Rondoni.
Ispirato
all'uccisione del giovane partigiano Ottorino Rondoni sulle rive del lago
d'Orta. Racconto di Dario Franchini, ex partigiano, nonno di Sara.
tradotto
da Costanza e Marta Vicari
INVERNO, MARZO 1945
-tarda mattinata-
“Arrivano, arrivano i
Tedeschi!!”
Un gruppo di sette ragazzi
partigiani, giovani ma consapevoli di quello che stava per accadere, corrono
verso le armi, le impugnano e si mettono in posizione. Non devono avere paura
se vogliono sopravvivere, salvare la patria e le proprie idee.
Le barche dei tedeschi
approdano sulle rive del lago d’Orta, famoso per la sua bellezza e la sua
tranquillità, ma non in quegli anni, non in quel momento.
Due minuti di attesa che
sembrano un’eternità poi scoppia l'inferno: soldati nazifascisti sparano, non
sanno nemmeno loro verso cosa ma l’importante è uccidere. I partigiani sono
coperti con poco anche se il freddo è evidente, gli entra nelle ossa, li fa
rabbrividire, ma forse da' anche quella carica necessaria per puntare il fucile
contro un uomo e sparare.
Pochi minuti e tutto è finito.
I partigiani si guardano attorno, sono tutti lì, tutti e sette feriti, ma vivi.
I tedeschi, invece, si
ritirano, ancora più inferociti alla vista di quello che gli era successo.
Sulla strada due ragazzi poco più che ventenni sono sdraiati dentro una pozza
di sangue rosso scuro che si estende per qualche metro, massacrati di
pallottole, le mani chiuse a pugno, con ancora qualche convulsione e gli occhi
spalancati sulle pupille grandi; sembra che implorino aiuto e forse vedono la
vita che in quel momento se ne va, corre, spazzata via dal vento gelido come
qualcosa che mai più ritorna.
-Sera dello stesso giorno-
La cella si è aperta con un
tonfo di chiavi, Ottorino Rondoni era in angolo, affamato, sporco, ansimante,
magrissimo e prega. Sì, prega Dio, se esiste, lo prega che tutto questo finisca
presto, che possa tornare dalla sua amata, prega che non l’abbiamo già presa i
fascisti, che non l’abbiamo usata, fatto su di lei cose che nemmeno si possono
descrivere o peggio ancora provare.
Un gruppo di Tedeschi con gli
occhi accesi di rabbia, lo prende -Dove stiamo andando? In un posto più bello?
Mi stanno liberando? Dio esiste allora! -
Ottorino abbandona il carcere
di Baveno, speranzoso, incosciente. Non sa quanto tempo è durato il
viaggio ma una mezz’ora sicuro e poi è salito su una barca.
E’ un lago bellissimo, non l’ha
mai visto prima e mai lo avrebbe potuto scordare.
In mezzo c’è un’ isola, con una
chiesetta, quanto avrebbe voluto entrare per dire una preghiera per i suo
genitori. Lo circondano colline piene di verdi prati e qua e là qualche bosco
di pini, attorniate a loro volta da alte e massicce montagne innevate. Il sole
sta tramontando, si sta nascondendo dietro una vecchia torre, in cima sulla
collina più alta, eretta in posizione strategica. - Chissà che bella vista da
lassù; ci porterò Carla, oh mia amata Carla, tra poco ti rivedrò. - Ad un
certo punto la barca si ferma, approda ed ecco un bellissimo prato: gli ricorda
la sua infanzia, la palla con cui giocava con papà prima che lo portassero via
da casa per sempre.
Ottorino aveva ventiquattro
anni, aveva dei sogni, delle speranze, dei progetti con Carla. E’ un
partigiano, ha dei suoi ideali da proteggere e che lo hanno portato alla
guerra, anche ad uccidere. Non riesce a pensare negativo: spera, crede, è
sicuro che tutti gli uomini siano buoni e che ora lo lasceranno andare, si
faranno perdonare.
Si risveglia dai suoi pensieri
con uno strattone e viene buttato su una strada di peso, quei 40 kg non sono
niente per un tedesco muscoloso e forte. Non capisce: vede del sangue per
terra, è fresco.
Da lì in poi gli cade il mondo
addosso, le speranze sono tutte un sogno. - Non mi vogliono liberare mi
vogliono uccidere. - Un tedesco, con i riccioli biondi che gli spuntano dal
cappello gli punta il fucile addosso, urla un nome e i suoi compagni gli
rispondono qualcosa che non capisce. E poi più niente, anzi un colpo, veloce,
aguzzo gli trapassa il corpo affilato come una lama di coltello. - Carla! -
riuscì a dire e poi tutto buio. A ventiquattro anni la Morte l’ha preso con sé.
Come quando una candela, in una
stanza scura, si spegne: porta via con sé la luce, i ricordi, le speranze,
l’infanzia, la giovinezza e lascia un lungo fumo grigio.
VENERDI' 17 FEBBRARIO 2012
Mio nonno mi ha raccontato
molto di lui e della sua esperienza da partigiano.
Quando a scuola mi hanno detto
del progetto "Connessioni", non ho avuto dubbi, sono corsa da lui e
mi sono fatta raccontare tante di quelle belle storie che dentro di loro
portano ricordi, amarezza, perplessità e tristezza. Una di queste è la storia
su Ottorino Rondoni, un giovane ragazzo partigiano sacrificato e ucciso per
rabbia e rancore dai nazifascisti. Gli hanno dedicato un monumento a Gozzano,
nel luogo dove è stato fucilato, sul confine tra Gozzano e Orta, sulla curva
appena dopo il ristorante “La Poncetta”.
Quando sono andata a vederlo
per la prima volta non potevo credere ai miei occhi: era una piccola stele, una
colonna di un metro e mezzo circa attorniata da un cespuglio circolare. E' in
mezzo a una curva e nessuno la vede. Una tragedia così grande, una vita
spezzata, un ragazzo ventiquattrenne, come noi, vissuto però in un periodo
sbagliato. E’ stato fucilato perché aveva ideali, speranze, valori.
Ecco chi era Ottorino Rondoni:
un eroe. Per aver sopportato quello che gli è successo, non può ricordarlo
solamente una semplice colonnina di roccia ma spero, così, che con questo
racconto abbastanza forte e crudo, tutti, da ora in poi sappiano chi è stato e
ricordino per sempre Ottorino Rondoni.
Ispirato
all'uccisione del giovane partigiano Ottorino Rondoni sulle rive del lago
d'Orta. Racconto di Dario Franchini, ex partigiano, nonno di Sara.
IN MEMORY OF OTTORINO
RONDONI
WINTER, MARCH 1945
Late in the morning
“They are coming , the
Germans are coming!”
A group of seven partisan
boys, young but aware of what was going to happen, run to the arms, grasp them
and go to their positions. They mustn’t be afraid if they want to survive, to
save their birthplace and their own ideas. The German ships land ashore of Lake
Orta, famous for its
beauty and its tranquility, but not in those years, not in that moment.
Two minutes’ wait, an
eternity, then all hell breaks out : nazi-fascist soldiers shoot, they
don’t even know what at, but the important thing is to kill.
The partisans are wearing
light clothes even if it’s clearly cold , it enters their bones , it makes them
shiver but maybe gives that necessary charge to point the rifle at a man and
shoot.
A few minutes later and
it’s all over . The partisans look around , everybody is there , all seven are
wounded, but alive.
The Germans , instead, are
running, more and more enraged at the view of what has happened. There on the
road two boys , a little more than 20 years old, are lying in a pool of
blood which extends a few metres, full of bullets, their hands
closed in a fist , with convulsions and their eyes opened wide; they seem
to implore help and maybe they can see their life running out, swept away by
a frozen wind like something that will never come back.
The same day in the evening
The cell is opened with
the noise of keys, Ottorino Rondoni is in a corner: hungry, dirty, breathless,
very thin and praying. Yes, he is praying to God , if he exists , he is asking
that all this may end as quickly as possible, that he could go back to his
girlfriend , he is praying that the fascists haven’t already taken her away,
that they haven’t used her or done indescribable things to her or even worse.
A group of Germans with
their eyes lit up with rage pick him up , “ Where are we going? To a
better place? Are they setting me free? Then God exists!” .
Ottorino leaves the prison
of Baveno , hopeful , unconscious. The car leaves, he doesn’t know how long the
journey lasts, but certainly half an hour and after that he goes to a boat , it
is a beautiful lake that he has never seen before and he could never forget. In
the middle of the lake there is an island , with a small church, how he
wishes he could go in and say a prayer for his parents. Hills full of green
meadows surround him , and here and there , some pine woods, surrounded
by high mountains covered with snow.
The sun is setting, it is
hiding behind an old tower on the top of the highest hill, standing in a
strategic position. “ Who knows what a wonderful view there is from up
there, I’ll take Carla, oh my beloved Carla, soon I’ll see you again!”.
Then the boat stops at a beautiful meadow: that reminds him of his childhood,
when he played ball with his father before the Germans took him away forever.
Ottorino is 24 years old, he has dreams, hopes, plans with Carla. He is a
partisan, he has ideals to protect, to live and that brought him to fight in
the war and to kill people, too. He can’t think negative: he hopes, he believes,
he is sure that every man is good and now if they release him he will forgive
them.
He wakes up from his
thoughts with a strong jerk and the Germans throw him along a road ,
those 40 kg
are nothing for a strong German . He doesn’t understand: he sees blood on the
road , it’s fresh . Now everything is clear, all hopes are a dream. “They won’t
let me free , they want to kill me! A German with curly blonde hair coming out
from under his hat aims a rifle at him, he screams a name and his mates answer
something which he doesn’t understand. And then nothing, or rather a fast,
pointed shot , goes through him , sharpened like the blade of a knife. “
Carla!” he manages to say and then darkness. He is only 24 when death takes him
away. Like a candle which is put out in a dark room: light, memories, hopes,
childhood, youth leaving only a long whiff of grey smoke.
FRIDAY 17TH FEBRUARY 2012
My grandfather told me many stories about him and his
partisan experience , when at school they told me about the project “connections”
, I had no doubts , I rushed straight to him and he told me a lot of great
stories that carry many memories , bitterness , confusion and sadness. One of
these is the story about Ottorino Rondoni , a young partisan boy sacrificed and
killed for anger and resentment by the fascists. A monument was dedicated to
him in the place where he was shot, on the border between Gozzano and Orta, on
the curvebend just after the restaurant “ La
Poncetta”.
When I went to see him for
the first time, I couldn’t believe my eyes: it was a small stone, a column of
one metre and an half , surrounded by a circular bush; it is on a bend in the
road and nobody can see it. Such a huge tragedy ,a broken life, a
twenty-four years old boy, like us , that lived at the wrong time. He
was shot because he had ideas, hopes, values; that was Ottorino Rondoni: a hero.
To have lived through
those terrible experiences: Ottorino Rondoni cannot be
remembered only with a simple column, and I hope that thanks to this tale
with its intensity, everyone will remember Ottorino
Rondoni.
EN MEMORIA DE OTTORINO
RONDONI
Invierno, marzo de 1945
A media mañana
¡Llegan, llegan los
alemanes!
Un grupo de siete chicos
partisanos, jóvenes pero conscientes de lo que estaba por occurir, corren hacia
las armas, las empuñan y se ponen en posición. No deben tener miedo, si quieren
sobrevivir, defender a su patria y sus ideas.
Las lanchas de los
alemanes atracan a las orillas del Lago de Orta, conocido por su belleza y
tranquilidad, pero no en aquellos años, no en aquel momento.
Dos minutos de espera que
parecen una eternidad, después estalla el infierno: los soldados nazifascistas
disparan, no saben ni ellos contra qué cosa pero lo importante es matar. Los
partisanos están cubiertos con poco aunque si el frío es evidente, les entra
por los huesos, los hace tiritar, pero quizás da tambien la carga necesaria
para apuntar el fusil contra un hombre y disparar.
Algunos minutos y se acaba
todo. Los partisanos miran a su alrededor, están todos allí, los siete heridos
pero vivos.
Los alemanes, en cambio,
se retiran, aún más enfurecidos a la vista de lo que ha sucedido. Allí en la
calle dos chicos de poco más de veinte años están tirados en un charco de
sangre rojo oscuro que se extiende por algunos metros, masacrados por balas,
los puños cerrados, todavía con algunas convulsiones y los ojos abiertos de par
en par sobre las grandes pupilas, parece que imploran ayuda y quizás ven la
vida que en aquel momento desaparece, corre, arrastrada por el viento gélido
como algo que nunca regresa.
Tarde del mismo día
La celda se abrió con un
ruido de llaves. Ottorino Rondoni yace en un rincón, hambriento, sucio,
jadeante, delgadísimo y ruega. Sí, ruega a Dios, si existe, le ruega para que
todo esto termine pronto, así que pueda regresar a su amada, ruega que no la
hayan cogido ya los fascistas, que no se hayan servido de ella, que no hayan
hecho con ella cosas que ni siquiera se pueden describir o, aún peor, vivir.
Un grupo de alemanes con
los ojos encendidos de ira, lo coge, “ ¿A dónde vamos? ¿A un lugar más lindo?
¿Me han liberado? ¡Entonces Dios existe!”
Ottorino abandona la
cárcel de Baveno, esperanzado e incosciente. El coche parte, no sabe cuánto
tiempo ha durado el viaje, sin duda una media hora al menos y después sube a un
barco. Es un lago estupendo, no lo ha visto nunca antes y nunca más lo podrá
olvidar. En el centro hay una isla con una pequeña iglesia, cuánto le habría
gustado entrar para decir una oración por sus padres. Lo rodean colinas llenas
de prados verdes y por aquí y por allá algunos pinares, rodeados a sus veces de
altas montañas majestuosas y nevadas. El sol se está poniendo, se esconde
detrás de una vieja torre, en la cumbre de la colina más alta, erigida en
posición estatégica. “¡Qué panorama tan bonito desde allì! ¡Te llevaré Carla,
mi amada, dentro de poco volveré a verte!” De pronto el barco se para, atraca y
he aquí un prado estupendo; se acuerda de su niñez, del balón con el que jugaba
con su padre antes de que se lo llevaran para siempre. Ottorino tenía
veinticuatro años, tenía sueños, esperanzas, proyectos con Carla. Es un
partisán, tiene sus propios ideales que proteger para vivir, que lo han llevado
a la guerra y obligado también a matar. No puede pensar negativamente: espera,
cree, está seguro de que todos los hombres son buenos y que ahora lo dejarán
ir, se dejarán perdonar.
Se despierta desde sus
pensamientos con un tirón y lo arrojan a una calle, sus cuarenta kilos no son nada
para un alemán musculoso y fuerte. No comprende: ve sangre en la calle, es
fresca. Desde aquel momento, se le cae el mundo encima, las esperanzas son
todas un sueño: “¡No me quieren liberar, quieren matarme!”.
Un alemán, con los rizos
rubios que salen del casquete, le apunta el fusil, grita un nombre y sus
compañeros le responden algo que él no entiende. Después nada, o más bien un
golpe, rápido, penetrante, atraviesa su cuerpo, afilado como la hoja de un
cuchillo. “¡Carla!”, pudo decir y después todo oscuro. A los veinticuatro años la
Muerte se lo ha llevado. Como cuando una vela, en una
habitación oscura, se apaga: se lleva la luz, los recuerdos, las esperanzas, la
niñez, la juventud y deja sólo un largo humo gris.
Viernes, 17 de febrero de
2012
Mi abuelo me ha contado
muchas historias sobre él y su experiencia como partisán. Cuando en la escuela
me dijeron del proyecto “ CONEXIONES” no tuve dudas, corrí hacia él y le pedí
que me contara muchas de aquellas historias lindas que llevan consigo recuerdos,
amargura, perplejidad y tristeza. Una de éstas es la historia de Ottorino
Rondoni, un partisán joven, sacrificado y matado por rabia y rencor por los
nazifascistas. En Gozzano le han dedicado un monumento, en el lugar donde lo
fusilaron, en el confín entre Gozzano y Orta, en la curva apenas después del
restaurante “La Poncetta”.
Cuando fui a verlo por
primera vez, no lo podía creer: era una pequeña estela, una columna de un metro
y medio más o menos, rodeada de un matorral circular; está en el centro de una
curva y nadie puede verla. Una tragedia tan grande, una vida destruida, un
chico de veinticuatro años sólamente, como nosotros, pero que vivió en el
momento equivocado. Asesinado porque tenía ideales, esperanzas, valores; esto
era Ottorino Rondino: un héroe. Por todo lo que ha sufrido, una simple columna
de piedra sólamente no es suficiente para recordarlo; por eso espero que con
este cuento fuerte y cruento, todos, desde ahora, sepan quien era Ottorino
Rondoni y lo recuerden para siempre.
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