IL MULINO DEL
SASSO DI AUZATE
di Filippo
Frattini
…”questo è un
lembo sconosciuto di Paradiso”…
[S.M. il Re
Vittorio Emanuele III di Savoia, settembre 1907]
Mentre il re
Vittorio Emanuele in quel lontano 1907 pronunciava, presso il Colle della guardia
a Bugnate, queste lusinghiere parole, forse non sapeva che a pochi chilometri
di distanza, nella vicina Auzate, viveva una famiglia laboriosa con alle spalle
un fiorente passato e con ottime prospettive per il futuro: gli Erbeja.
Queste umili persone formavano una vera e propria dinastia, non di certo come
quella dei Savoia, ma grazie al loro silenzioso operato, scandito solo dallo
scorrere dell’acqua sulla ruota del mulino, fornivano un fondamentale ed
indispensabile servizio a tutti i paesi e le persone del gozzanese e
del Cusio. Perché proprio una dinastia? Originario di Pisogno, il loro
capostipite iniziò a svolgere l’attività di mugnaio e i numerosi discendenti
lavorarono in vari mulini lungo il torrente Agogna. Per esempio a Briga il Mulino era di proprietà di Pietro Erbea (non Erbeja a causa di un errore di
trascrizione all’anagrafe). In località Grata presso il mulino alimentato dalle
acque della Vina nacque, il 5 novembre 1870, un altro Pietro Erbeja, futuro
proprietario del mulino del Sasso ad Auzate.
Gli Erbeja
lavorarono poi per molti anni al mulino di Bolzano dove migliorarono l’arte del
mestiere e alcuni membri della famiglia si sposarono con bolzanesi, tanto che
ancora oggi molte famiglie del piccolo paese cusiano portano questo cognome.
Nel 1903
Pietro Erbeja si trasferì poi con la moglie Caterina e i figli ad Auzate dove
presero in gestione il mulino del Sasso, qui ebbero davvero tanta fortuna,
sistemarono la scomoda strada immersa nel verde dei boschi che portava al
macinatoio e condussero una vita faticosa ma pacifica allietata da nuove e
numerose nascite. Quando per Pietro l’età avanzò venendo così il momento di
andare in pensione lasciò l’attività all’amato figlio Cesare, sposato con
Pierina e padre di due figli Franco e Pier Umberto.
In una
meravigliosa notte di luna piena del 1946 la famiglia si coricò tranquilla nei
propri letti, ma dopo qualche ora di sonno fu svegliata da alcuni rumori e non
ci mise molto ad accorgersi dell’ingresso in casa dei ladri. Facendosi
coraggio, Cesare scese cautamente nei locali destinati al mulino dove trovò un
rifugio sicuro, mentre Pierina con i bambini ed il nonno restarono al piano
superiore dove, dopo pochi attimi, entrarono due uomini armati di mitra
e mascherati con passamontagna. La donna cercò di mantenere la calma ma un urlo
di spavento uscì dalla sua bocca quando uno dei due sparò raffiche di
pallottole che perforarono la porta, trapassarono un mobile e finirono nel
muro. Un ladro strattonò Pierina, che
teneva in braccio il figlio Pier Umberto, la tenne ferma e le puntò la pistola alla tempia; intanto l’altro frugava nei vari cassetti e comò senza trovare
alcun tipo di refurtiva. Dopo ore di paura i ladri scapparono via con due sole
galline e una damigiana di vino. Alcuni giorni dopo furono riconosciuti:
erano due giovani di Soriso che trascorsero alcuni anni in carcere.
Dopo questo
spavento la vita riprese tranquilla al mulino, che continuò a costituire un'
importantissima risorsa per il territorio.
Quel mulino,
che smise di girare intorno al 1960, continua a lavorare nelle parole preziose
di Pier Umberto Erbea, instancabile custode-narratore.
Ispirato ai
racconti di Pier Umberto Erbea
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