BOLZANO
INGRAVO 1507
di
Filippo Frattini
tradotto
da Arianna Stranges, Valentina Iudici, Matteo Tosi
Erano le sei di mattina e sul piccolo borgo di Ingravo
stava nascendo il sole. Il cielo era di un rosa lucente, non vi era alcuna
nuvola e l’aurora illuminava le sei cime del Monte Rosa facendolo così sembrare
una perla; in lontananza si vedeva il castello del Monte Mesma,
un’inespugnabile roccaforte circondata da un’imponente cinta muraria.
Nel piccolo paese vi era una strana quiete, tutto era
diverso dal solito e lo sarebbe stato per sempre.
La Modesta si alzò dal suo letto appoggiando i piedi
sullo scendiletto di pelle di cinghiale cacciato da suo marito mezzo secolo
prima. Per lei quella calda mattinata estiva del 1507 era più importante di
quel che potesse sembrare, era il suo ottantacinquesimo compleanno e anche il
giorno in cui avrebbe per sempre dovuto lasciare Ingravo, quello che era il suo
paese natale, dove era cresciuta, dove si era sposata e dove erano nati i suoi
tre figli: Martino, Uberto e Gaudenzio. Si alzò e si vestì, mise sulle spalle
il gerlo e uscì di casa diretta verso la chiesa ed il cimitero.
Pur non essendo proprio così presto, il villaggio era
completamente fermo, tutte le famiglie dormivano ancora nelle proprie case
costruite in sasso; non una donna che lavasse i panni alla fontana, non un
bambino che giocasse per strada, non un uomo al lavoro nei campi così come non
vi erano più bestie nelle stalle: quello era l’ultimo giorno per Ingravo, dopo
sarebbe morto, morto e sepolto per sempre.
I suoi abitanti, appunto, avevano costruito un borgo più
sicuro, un borgo chiamato Bolzano che sorgeva su un pianoro a pochi chilometri
a sud di Ingravo. Dal nuovo paese passava anche una fitta rete di cunicoli
sotterranei a cui si poteva accedere da alcune botole segrete che collegavano
la Torre di Buccione con il castello di Gozzano, la piazzaforte del Mesma, la
torre di Pella e da quel momento anche la torre di Bolzano sorta al centro del
nuovo centro abitato. Erano brava gente, i Bolzanesi, che non avrebbero mai
fatto del male a nessuno, gente che lavorava dignitosamente, gente che amava e
rispettava le tradizioni e i valori, gente come si deve ma che reputava la zona
Ingravo un territorio poco sicuro e troppo esposto alle incursioni dei soldati
provenienti da nord. Gli abitanti avevano assolutamente bisogno di proteggere
la propria tradizione ed identità.
La Modesta si arrampicò con molta fatica sul colle
sovrastato dalla chiesa parrocchiale di S. Martino; all’esterno del piccolo
oratorio vi era il giovane pittore, Francesco Cagnola, che affrescava la figura
del santo di Tours nell’atto della sua conversione. La donna si fermò
sulla cima del poggio per ammirare il panorama ripensando così alla sua vita
trascorsa.
Era nata in quel posto esattamente un secolo prima, era
la più anziana, era un riferimento per tutti gli abitanti, conosceva il
territorio meglio del palmo della sua mano destra ma in quegli ultimi momenti
sembrava notare particolari mai osservati prima e di questi ne ammirava la
bellezza con malinconia e con la rabbia di non averli apprezzati abbastanza
prima … Viveva lì da sempre ma le sembrava la prima volta che vedeva quei
luoghi pur con la consapevolezza che fosse l’ultima. Volse il suo sguardo verso
sinistra e vide il cantiere del nuovo Ingravo, Bolzano appunto. Si voltò poi a
destra e scorse i tre mulini sul torrente Agogna, la grotta per l’estrazione
mineraria e le fucine che solitamente emettevano del denso fumo rosso e da dove
spesso provenivano le urla degli uomini al lavoro.
Entrò in chiesa, si inginocchiò sul primo banco e pregò
la statua lignea della Madonna chiedendole che tra i futuri abitanti di Bolzano
si mantenessero vivi quei valori e quelle virtù tipiche del mondo agricolo, che
i suoi discendenti bolzanesi vivessero per sempre nella pace e nella concordia,
rispettando gli usi e i costumi tipici dell’ormai antico Ingravo.
E fu così.
Modesta visse a Bolzano per sempre.
Ispirato alla misteriosa scomparsa dell'antico villaggio Ingravo che sorgeva nei pressi di Bolzano Novarese
It was six o’clock in the morning and the sun was rising over the small
village of Ingravo, the sky was bright
pink, there were no clouds and the dawn illuminated the six peaks of Monte
Rosa, making it look like a pearl; the castle of Monte Mesma, an impregnable
fortress surrounded by imposing walls, could be seen in the distance.
In the small village there was a strange silence, everything was
different from usual and it would be forever.
Modesta got up, placing her feet on the boar skin besides her bed.
The wild boar had been hunted by her husband half a century before. For her,
that hot summery morning in 1507 was more important than it might have seemed,
it was her 85th birthday
and the day when she had to leave Ingravo forever, the place where she was
born, where she had grown up, where she had got married and where her three
children, Martino, Uberto and Gaudenzio, were born. She got up and got dressed,
she put the pannier on her shoulders and she went out, towards the church and the
churchyard. Even if it wasn’t so early, the village was completely still, all
the families were sleeping in their houses, which were built of stone; there
were no women washing clothes at the fountain, no children playing in the
street, no men working in the fields and no cattle in the stalls: that was the
last day for Ingravo; then it would disappear forever. Its inhabitants, indeed,
had built a safer hamlet, called Bolzano which stood on a tableland a few
kilometres south of Ingravo. A close underground tunnel network, , which could
be entered from secret trapdoors, branched out of the new village; those
tunnels linked the tower of Buccione to the castle of Gozzano, the fort of
Monte Mesma, the tower of Pella and, from that moment, the Bolzano tower, which
rose in the centre of the new town, too.
The people from Bolzano
were good people, who would never hurt anyone, people who worked with dignity,
people who loved and respected traditions and values, decent people that didn’t
consider Ingravo a safe place, too exposed to incursions of northern soldiers. The
inhabitants needed to protect their customs and identity at all costs. Modesta arduously
climbed the hill, overlooked by the parish church of St. Martino . Outside the small church,
there was Francesco Cagnola, a young painter, who had frescoed the figure of
the saint of Tours in
the act of his conversion. The woman stopped on the top of the hill to admire
the landscape, thinking of her past life again.
She was born in that place exactly a century before, she was the oldest,
she was a reference for all the inhabitants, she knew the land better than the
palm of her right hand but, during those last moments, she seemed to notice details
which she had never seen before and she admired their beauty with melancholy
and the anger of not having appreciated them enough before… She had lived there
for ages but it seemed to be the first time that she had seen those places,
even if with the knowledge that it was the last time. She turned her gaze to
the left and she saw the building yard of the new Ingravo, Bolzano indeed. Then she turned her gaze to
the right and she made out three mills on the river Agogna, the cave of
quarrying and the forges which usually gave out a dense red smoke and from where
the shouts of the workers often came. She went into the church, she knelt on
the first pew and she prayed to the wooden statue of the Virgin Mary, asking
her that among the future inhabitants of Bolzano those values and those virtues
typical of the rural world be kept alive, that its descendants could live
forever in peace and in harmony, respecting usages and customs typical of
ancient Ingravo.
And so it was.
Modesta lived in Bolzano forever.
BOLZANO
INGRAVO 1507
Es war sechs Uhr morgens und die Sonne ging über dem
kleinen Dorf, Ingravo, auf. Der Himmel war hell rosa, es gab keine Wolken und
die Dämmerung beleuchtete die sechs Gipfeln des Monte Rosa und er sah aus wie
eine Perle; in der Ferne konnten wir das Schloss von Monte Mesma, eine
uneinnehimbare Festung von dicken Mauern umgeben, sehen.
In dem
kleinen Dorf gab e seine seltsame Ruhe. Alles war
anders als üblich und es wäre für immer gewesen.
Modesta (die Bescheidene) erhob sich von ihrem Bett,
ruht ihre Füße auf dem Schweinslederteppich. Der Schweinsleder wurde von ihrem
Ehrmann ein halbes Jahrhundert zuvor getreten. Für sie war jener heiße Morgen
im Sommer 1507 noch wichtiger als was schien; es war ihr 85. Geburstag und auch
der Tag, als sie für immer Ingravo, was ihre Heimatstadt war, wo sie
aufgewachsen war, wo sie sich geheiratet hatte und wo ihre drei Kinder,
Martino, Uberto und Gaudenzio, geboren waren, lassen musste. Sie wachte auf und
sie zog sich an, sie legte auf ihren Schultern den Tragekorb und sie ging zur
Kirche und zum Friedhof aus. Zwar nicht genau so früh, war das Dorf vollständig
gestoppt, schliefen alle Familien noch in ihren Häusern aus Stein gebaut und es
gab keine Frau, die die Wäsche am Brunnen wusch, kein Kind, das auf der Straße
spielte, kein Mann bei der Feldarbeit ebenso gab es mehr Vieh in
den Ställen: dieser war der letzte Tag für Ingravo, nachdem er für immer
gestorben wäre. Seine Bewohner, ja, hatten einen sicheren Stadtteil, eine Stadt
namens Bozen, der auf einem Plateau ein paar Meilen südlich von Ingravo lag,
gebaut.
Vom neuen Land ging auch ein ausgedehntes Netz von
unterirdischen Tunneln, zu denen man von einigen geheimen Falltüren, die den
Turm von Buccione mit dem Festung von Gozzano, der Hochburg der Mesma, dem Turm
von Pella und, seit dieser Zeit, auch der Turm von Bolzano, der im Zentrum der
neuen Ortschaft zugegriffen war, verbunden, ankommen konnte, weiter.
Bolzanesi waren gute Leute, die niemals jemand etwa
zuleiden getan hätten, Menschen, die würdevoll arbeiteten, Menschen, die die
Traditionen und die Werte liebten und respektierten; sie waren anständig
Menschen aber sie erachteten neuen Ingravo für unsicher und zu viel ausgestellt
den übergriffe der Truppen aus
Nord. Die Bewohner brauchten absolut, ihre Traditionen und ihre Identität zu
schützen. Modesta (die Bescheidene) kletterte mit Mühe auf den Hügel, der von
der Pfarrkirche von St. Martino übergeragt war; draußen der kleinen Kirche, gab
es Francesco Cagnola, einen jungen Maler, der (mit Fresken) die Figur des
Heilige aus Tours, als er sich bekehrte, bemalte. Die Frau stand an der Spitze
des Hügels, um das Panorama zu betrachten, und so dach sie auf ihrer
bischerigen Leben. Sie war ein Jahrhundert zuvor in diesem Platz geboren, sie
war die älteste, sie war ein Himeis an alle Leute, sie kannte das Gebiet besser
als die Handfläche ihrer rechten Hand, aber in diesem letzten Momenten bemerkte
sie Detailen, die niemals zuvor gesehen wurden, und sie betrachtete mit Wehmut
und Zom, weil sie sie bevor nicht genug geschätzt hatte, ihrer Schönheit. Sie
lebte schon immer dort aber trotz es das letzte Mal wäre, schien es ihr das
erste Mal, als sie diese Orte sah.
Sie wandte den Blick nach links und sie sah die Baustelle
des neuen Ingravo, Bozen genau.
Dann wandte sie sich nach rechts und sie sah die drei
Mühlen am Fluss Agogna, die Höhle für den Bergbau und die Schmieden, die
gewönlich einen dicken roten Rauch erlassten und aus denen die Schreie der
Arbeitern oft kamen. Sie trat in die Kirche ein, sie kniete auf der ersten Bank
nieder und sie betete die Holzstatue der Madonna, um Ihr zu fragen dass diese
Werte und Tugende, die typisch für die landwirtschaftliche Welt waren, unter
den zukünftigen Bewohner von Bozen gehalten würden, dass seine Nachkommen,
Bolzanesi, für immer in Frieden und Harmonie leben würden und dass sie die
Bräuche und die Trachten, die typisch für die nun alten Ingarvo waren,
respektieren würden.
Und so war es.
Modesta (die Bescheidene) lebte für immer in Bozen.
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