venerdì 25 maggio 2012

BOLZANO INGRAVO 1507 - FROM INGRAVO TO BOLZANO - BOLZANO INGRAVO




BOLZANO INGRAVO 1507
di Filippo Frattini
tradotto da Arianna Stranges, Valentina Iudici, Matteo Tosi

Erano le sei di mattina e sul piccolo borgo di Ingravo stava nascendo il sole. Il cielo era di un rosa lucente, non vi era alcuna nuvola e l’aurora illuminava le sei cime del Monte Rosa facendolo così sembrare una perla; in lontananza si vedeva il castello del Monte Mesma, un’inespugnabile roccaforte circondata da un’imponente cinta muraria. 
Nel piccolo paese vi era una strana quiete, tutto era diverso dal solito e lo sarebbe stato per sempre.
La Modesta si alzò dal suo letto appoggiando i piedi sullo scendiletto di pelle di cinghiale cacciato da suo marito mezzo secolo prima. Per lei quella calda mattinata estiva del 1507 era più importante di quel che potesse sembrare, era il suo ottantacinquesimo compleanno e anche il giorno in cui avrebbe per sempre dovuto lasciare Ingravo, quello che era il suo paese natale, dove era cresciuta, dove si era sposata e dove erano nati i suoi tre figli: Martino, Uberto e Gaudenzio. Si alzò e si vestì, mise sulle spalle il gerlo e uscì di casa diretta verso la chiesa ed il cimitero.
Pur non essendo proprio così presto, il villaggio era completamente fermo, tutte le famiglie dormivano ancora nelle proprie case costruite in sasso; non una donna che lavasse i panni alla fontana, non un bambino che giocasse per strada, non un uomo al lavoro nei campi così come non vi erano più bestie nelle stalle: quello era l’ultimo giorno per Ingravo, dopo sarebbe morto, morto e sepolto per sempre.
I suoi abitanti, appunto, avevano costruito un borgo più sicuro, un borgo chiamato Bolzano che sorgeva su un pianoro a pochi chilometri a sud di Ingravo. Dal nuovo paese passava anche una fitta rete di cunicoli sotterranei a cui si poteva accedere da alcune botole segrete che collegavano la Torre di Buccione con il castello di Gozzano, la piazzaforte del Mesma, la torre di Pella e da quel momento anche la torre di Bolzano sorta al centro del nuovo centro abitato. Erano brava gente, i Bolzanesi, che non avrebbero mai fatto del male a nessuno, gente che lavorava dignitosamente, gente che amava e rispettava le tradizioni e i valori, gente come si deve ma che reputava la zona Ingravo un territorio poco sicuro e troppo esposto alle incursioni dei soldati provenienti da nord. Gli abitanti avevano assolutamente bisogno di proteggere la propria tradizione ed identità.
La Modesta si arrampicò con molta fatica sul colle sovrastato dalla chiesa parrocchiale di S. Martino; all’esterno del piccolo oratorio vi era il giovane pittore, Francesco Cagnola, che affrescava la figura del santo di Tours nell’atto della sua conversione.  La donna si fermò sulla cima del poggio per ammirare il panorama ripensando così alla sua vita trascorsa.
Era nata in quel posto esattamente un secolo prima, era la più anziana, era un riferimento per tutti gli abitanti, conosceva il territorio meglio del palmo della sua mano destra ma in quegli ultimi momenti sembrava notare particolari mai osservati prima e di questi ne ammirava la bellezza con malinconia e con la rabbia di non averli apprezzati abbastanza prima … Viveva lì da sempre ma le sembrava la prima volta che vedeva quei luoghi pur con la consapevolezza che fosse l’ultima. Volse il suo sguardo verso sinistra e vide il cantiere del nuovo Ingravo, Bolzano appunto. Si voltò poi a destra e scorse i tre mulini sul torrente Agogna, la grotta per l’estrazione mineraria e le fucine che solitamente emettevano del denso fumo rosso e da dove spesso provenivano le urla degli uomini al lavoro.
Entrò in chiesa, si inginocchiò sul primo banco e pregò la statua lignea della Madonna chiedendole che tra i futuri abitanti di Bolzano si mantenessero vivi quei valori e quelle virtù tipiche del mondo agricolo, che i suoi discendenti bolzanesi vivessero per sempre nella pace e nella concordia, rispettando gli usi e i costumi tipici dell’ormai antico Ingravo.
E fu così.
Modesta visse a Bolzano per sempre.

Ispirato alla misteriosa scomparsa dell'antico villaggio Ingravo che sorgeva nei pressi di Bolzano Novarese



BOLZANO INGRAVO 1507

It was six o’clock in the morning and the sun was rising over the small village of Ingravo, the sky  was bright pink, there were no clouds and the dawn illuminated the six peaks of Monte Rosa, making it look like a pearl; the castle of Monte Mesma, an impregnable fortress surrounded by imposing walls, could be seen in the distance.
In the small village there was a strange silence, everything was different from usual and it would be forever.
Modesta got up, placing her feet on the boar skin besides her bed. The wild boar had been hunted by her husband half a century before. For her, that hot summery morning in 1507 was more important than it might have seemed, it was her 85th birthday and the day when she had to leave Ingravo forever, the place where she was born, where she had grown up, where she had got married and where her three children, Martino, Uberto and Gaudenzio, were born. She got up and got dressed, she put the pannier on her shoulders and she went out, towards the church and the churchyard. Even if it wasn’t so early, the village was completely still, all the families were sleeping in their houses, which were built of stone; there were no women washing clothes at the fountain, no children playing in the street, no men working in the fields and no cattle in the stalls: that was the last day for Ingravo; then it would disappear forever. Its inhabitants, indeed, had built a safer hamlet, called Bolzano which stood on a tableland a few kilometres south of Ingravo. A close underground tunnel network, , which could be entered from secret trapdoors, branched out of the new village; those tunnels linked the tower of Buccione to the castle of Gozzano, the fort of Monte Mesma, the tower of Pella and, from that moment, the Bolzano tower, which rose in the centre of the new town, too.
The people from Bolzano were good people, who would never hurt anyone, people who worked with dignity, people who loved and respected traditions and values, decent people that didn’t consider Ingravo a safe place, too exposed to incursions of northern soldiers. The inhabitants needed to protect their customs and identity at all costs. Modesta arduously climbed the hill, overlooked by the parish church of St. Martino. Outside the small church, there was Francesco Cagnola, a young painter, who had frescoed the figure of the saint of Tours in the act of his conversion. The woman stopped on the top of the hill to admire the landscape, thinking of her past life again.
She was born in that place exactly a century before, she was the oldest, she was a reference for all the inhabitants, she knew the land better than the palm of her right hand but, during those last moments, she seemed to notice details which she had never seen before and she admired their beauty with melancholy and the anger of not having appreciated them enough before… She had lived there for ages but it seemed to be the first time that she had seen those places, even if with the knowledge that it was the last time. She turned her gaze to the left and she saw the building yard of the new Ingravo, Bolzano indeed. Then she turned her gaze to the right and she made out three mills on the river Agogna, the cave of quarrying and the forges which usually gave out a dense red smoke and from where the shouts of the workers often came. She went into the church, she knelt on the first pew and she prayed to the wooden statue of the Virgin Mary, asking her that among the future inhabitants of Bolzano those values and those virtues typical of the rural world be kept alive, that its descendants could live forever in peace and in harmony, respecting usages and customs typical of ancient Ingravo.
And so it was.
Modesta lived in Bolzano forever.



BOLZANO INGRAVO 1507


Es war sechs Uhr morgens und die Sonne ging über dem kleinen Dorf, Ingravo, auf. Der Himmel war hell rosa, es gab keine Wolken und die Dämmerung beleuchtete die sechs Gipfeln des Monte Rosa und er sah aus wie eine Perle; in der Ferne konnten wir das Schloss von Monte Mesma, eine uneinnehimbare Festung von dicken Mauern umgeben, sehen.
In dem kleinen Dorf gab e seine seltsame Ruhe. Alles war anders als üblich und es wäre für immer gewesen.
Modesta (die Bescheidene) erhob sich von ihrem Bett, ruht ihre Füße auf dem Schweinslederteppich. Der Schweinsleder wurde von ihrem Ehrmann ein halbes Jahrhundert zuvor getreten. Für sie war jener heiße Morgen im Sommer 1507 noch wichtiger als was schien; es war ihr 85. Geburstag und auch der Tag, als sie für immer Ingravo, was ihre Heimatstadt war, wo sie aufgewachsen war, wo sie sich geheiratet hatte und wo ihre drei Kinder, Martino, Uberto und Gaudenzio, geboren waren, lassen musste. Sie wachte auf und sie zog sich an, sie legte auf ihren Schultern den Tragekorb und sie ging zur Kirche und zum Friedhof aus. Zwar nicht genau so früh, war das Dorf vollständig gestoppt, schliefen alle Familien noch in ihren Häusern aus Stein gebaut und es gab keine Frau, die die Wäsche am Brunnen wusch, kein Kind, das auf der Straße spielte, kein Mann  bei  der Feldarbeit ebenso gab es mehr Vieh in den Ställen: dieser war der letzte Tag für Ingravo, nachdem er für immer gestorben wäre. Seine Bewohner, ja, hatten einen sicheren Stadtteil, eine Stadt namens Bozen, der auf einem Plateau ein paar Meilen südlich von Ingravo lag, gebaut.
Vom neuen Land ging auch ein ausgedehntes Netz von unterirdischen Tunneln, zu denen man von einigen geheimen Falltüren, die den Turm von Buccione mit dem Festung von Gozzano, der Hochburg der Mesma, dem Turm von Pella und, seit dieser Zeit, auch der Turm von Bolzano, der im Zentrum der neuen Ortschaft zugegriffen war, verbunden, ankommen konnte, weiter.
Bolzanesi waren gute Leute, die niemals jemand etwa zuleiden getan hätten, Menschen, die würdevoll arbeiteten, Menschen, die die Traditionen und die Werte liebten und respektierten; sie waren anständig Menschen aber sie erachteten neuen Ingravo für unsicher und zu viel ausgestellt den übergriffe der Truppen aus Nord. Die Bewohner brauchten absolut, ihre Traditionen und ihre Identität zu schützen. Modesta (die Bescheidene) kletterte mit Mühe auf den Hügel, der von der Pfarrkirche von St. Martino übergeragt war; draußen der kleinen Kirche, gab es Francesco Cagnola, einen jungen Maler, der (mit Fresken) die Figur des Heilige aus Tours, als er sich bekehrte, bemalte. Die Frau stand an der Spitze des Hügels, um das Panorama zu betrachten, und so dach sie auf ihrer bischerigen Leben. Sie war ein Jahrhundert zuvor in diesem Platz geboren, sie war die älteste, sie war ein Himeis an alle Leute, sie kannte das Gebiet besser als die Handfläche ihrer rechten Hand, aber in diesem letzten Momenten bemerkte sie Detailen, die niemals zuvor gesehen wurden, und sie betrachtete mit Wehmut und Zom, weil sie sie bevor nicht genug geschätzt hatte, ihrer Schönheit. Sie lebte schon immer dort aber trotz es das letzte Mal wäre, schien es ihr das erste Mal, als sie diese Orte sah.
Sie wandte den Blick nach links und sie sah die Baustelle des neuen Ingravo, Bozen genau.
Dann wandte sie sich nach rechts und sie sah die drei Mühlen am Fluss Agogna, die Höhle für den Bergbau und die Schmieden, die gewönlich einen dicken roten Rauch erlassten und aus denen die Schreie der Arbeitern oft kamen. Sie trat in die Kirche ein, sie kniete auf der ersten Bank nieder und sie betete die Holzstatue der Madonna, um Ihr zu fragen dass diese Werte und Tugende, die typisch für die landwirtschaftliche Welt waren, unter den zukünftigen Bewohner von Bozen gehalten würden, dass seine Nachkommen, Bolzanesi, für immer in Frieden und Harmonie leben würden und dass sie die Bräuche und die Trachten, die typisch für die nun alten Ingarvo waren, respektieren würden.
Und so war es.
Modesta (die Bescheidene) lebte für immer in Bozen.







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